Musica e architettura, arti dello spazio di Paolo Portoghesi [English version not available]

Una delle caratteristiche della musica a Roma nel periodo Barocco, e nella Scuola Romana in particolare, è stata la sensibilità verso lo spazio.
 Musica e architettura sono arti dello spazio, sono arti differenti dalle altre perché non hanno come obiettivo quello di imitare la natura ma quello di schiudere alla fantasia dell’uomo un regno completamente inedito. La sensibilità per lo spazio si esprime in molteplici modi ma soprattutto nel concepire una musica adatta agli spazi in cui verrà eseguita.
Naturalmente nelle chiese barocche, come la chiesa di S. Agnese in Agone, non c’è l’acustica che si potrebbe trovare nelle sale di concerto che cercano di creare una sorta di avvolgimento musicale corrispondente alla poetica romantica ancora dominante nelle esecuzioni; nelle chiese barocche c’è un modo diverso di affrontare il problema dello spazio, un modo che tiene conto di un’acustica come quella delle grandi chiese monumentali, che ha una coda sonora piuttosto rilevante e che quindi presuppone che non ci si limiti a cantare e a suonare ma che si pensi, cantando e suonando, a come il suono si svolge nello spazio dilatandosi, sviluppandosi in altezza e ritornando. Una delle caratteristiche del suono è questa riflessione, questa capacità, dopo essersi sviluppato in altezza, di ritornare verso di noi.

Il valore espressivo della musica

C’è un aneddoto affascinante che ricorda un musicista importante come Virgilio Mazzocchi esponente della Scuola Romana, il quale racconta che portava i suoi allievi sotto Porta Angelica, 
perché qui c’era un’eco straordinaria. Questa eco che raddoppiava, in un certo senso, il valore espressivo della musica, era posta agli allievi come una sfida, bisognava cioè, che il canto si raddoppiasse, si triplicasse senza confondersi. Virgilio Mazzocchi educava, dunque, i suoi allievi a tenere conto di questa espansione della musica nello spazio e di questo ritorno.
 La Scuola Romana era molto sensibile a ciò, ci sono infatti esempi di spartiti musicali che presupponevano che il canto arrivasse da diverse posizioni, dai diversi coretti di una chiesa.
  Suonatori e cantanti facevano quindi pervenire, per esempio, il loro suono da otto cori diversi, creando una condizione spaziale affascinante che la musica moderna ha cercato di replicare creando a volte delle situazioni paragonabili. Roma è stata un grande centro musicale e nonostante questo oggi è più facile sentire concerti della Scuola Romana a Parigi o a Berlino ma non a Roma, dove si continua a fare musica molto tradizionale senza lasciare spazio alla riscoperta della dimensione storica della musica, privilegiando in modo assoluto la musica romantica, che certamente è molto importante ma non si giustifica da sola e soprattutto non dà, se non vista nella prospettiva storica, la pienezza del suo significato.
 Roma è stata un centro importante, per esempio la famiglia Ruspoli ha ospitato Händel che è arrivato a Roma, la prima volta, nel 1709 per una sfida con Domenico Scarlatti.
 Händel aveva provato il meraviglioso organo di San Giovanni in Laterano e la sfida avvenne prima al cembalo e poi all’organo. 
Domenico Scarlatti, che era un musicista dello stesso livello, sembra che lo superò decisamente nella prova del clavicembalo ma nella sfida con l’organo Scarlatti stesso riconobbe la superiorità di Händel, e si dice che ne aveva una tale stima che quando faceva il suo nome si faceva il segno della croce.
Rainaldi da buon architetto non solo si preoccupava di fare della buona musica ma si preoccupava di scriverla su dei meravigliosi quadernetti rilegati in pelle; uno era esposto alla mostra del Barocco a Castel Sant’Angelo.
 Carlo Rainaldi è un architetto che ha avuto il privilegio di riuscire ad esprimersi con un linguaggio, la musica, molto legato a quello dell’architettura, un linguaggio quasi corrispondente tanto che sia Shelling che Goethe hanno definito l’architettura “musica cristallizzata”.